Dati aperti e riuso

Conclusioni

A conclusione di questa panoramica generale sul mondo dei dati aperti, viene esemplificato il valore dei dati e si puntualizzano alcuni argomenti esposti durante la discussione.

Network Effect: il valore dei dati

Per capire il valore dei dati aperti (in particolare dei dati linkati) si può far ricorso ad una teoria microeconomica detta network effect (effetto rete), nata con le prime reti telefoniche: una delle leggi che la descrivono, la legge di Meltcafe1 (inventore della rete Ethernet), asserisce che per una tecnologia il costo è lineare col numero degli utenti, mentre il valore della stessa è quadratico. Questo effetto è classificato2 in quattro tipi:

  • Diretto: l’incremento dell’utilizzo di una tecnologia corrisponde ad aumenti diretti nel suo valore.

  • Indiretto: l’incremento dell’utilizzo di una tecnologia lancia la produzione di beni complementari, che aumentano il valore del prodotto originario.

  • Bilaterale: l’incremento dell’utilizzo di una tecnologia corrisponde ad aumenti di valore di beni complementari per un’altra categoria di utenti.

  • Locale: l’effetto si verifica non tanto con l’incremento generale dell’utilizzo, ma con l’incremento dell’utilizzo all’interno di una cerchia più o meno ristretta di utilizzatori che influenza la decisione di utenti connessi ad essa.

Per rendere più ampio il beneficio derivante dall’effetto rete su un insieme di tecnologie, bisogna assicurarsi che queste siano compatibili tra loro: si deve trovare il giusto bilanciamento tra condivisione e controllo della tecnologia.

Possiamo provare ad istanziare questo effetto sui dati:

  • diretto: consumando dati aperti, se ne aumenta il valore potenziale (perché ne aumenta la conoscenza e l’uso);

  • indiretto: in questo caso si può parlare del mercato delle app per smartphone create a partire da dataset aperti, che diventano fondamentali per il continuo utilizzo delle app stesse;

  • bilaterale: ad esempio l’incremento di utenti e di contributi del progetto OpenStreetMap ha progressivamente migliorato la qualità dei dati, inducendo la creazione di servizi basati su di esso (i cui utilizzatori possono non essere utenti di OpenStreetMap, ma possono generare feedback);

  • locale: il passaparola può portare sempre più persone a conoscere un determinato progetto basato su dati aperti (una visualizzazione, un servizio che consuma una API pubblica).

Una questione di principio

I dati sono informazione e le informazioni sono potere: l’interpretazione di essi consente di supportare argomentazioni, decisioni e di generare valore culturale ed economico.

Il più grande produttore di dati “certificati”, la pubblica amministrazione, deve tenere in considerazione la legislazione in materia di privacy, di diritto d’autore e di protezione dei beni culturali3, ma la rivoluzione culturale provocata dalla società dell’informazione sta spostando l’attenzione sull’individuazione del nucleo di dati sensibili per promuovere il rilascio di tutte le altre informazioni in possesso della PA: l’open data è un mezzo di trasparenza ed accountability (responsabilizzazione) dell’azione governativa nei confronti del cittadino, ed i criteri del movimento che promuove l’open government sono una bussola che ogni stato dovrebbe seguire.

Le regolamentazioni sulla trasparenza però non devono limitare l’azione riguardante i dati aperti, facendo considerare obbligatorio il solo rilascio delle informazioni per la sezione “Trasparenza, Valutazione e Merito” del sito istituzionale dell’ente4. In tal senso, l’unico strumento messo a disposizione dal Decreto Trasparenza (Dlgs 33/20135) è il diritto di richiedere la pubblicazione dei dati tramite procedura di Accesso Civico, ma non si tratta di una iniziativa analoga al Freedom Of Information Act americano poiché si limita ai soli dati di cui è stabilito l’obbligo di pubblicità.

Il rilascio dei dati deve essere guidato dalla domanda, come se fosse una qualsiasi altra azione governativa: non una decisione solamente calata dall’alto, che potrebbe portare al rilascio di informazioni non conformi ai principi enunciati6, ma deve essere anche il risultato di un ciclo virtuoso instaurato con cittadini e utilizzatori delle informazioni.

Le informazioni rilasciate devono tendere all’uniformità quando si tratta di insiemi di dati sullo stesso tema per permetterne l’esplorazione ed il confronto: si devono pertanto proporre in formati aperti, standardizzati, corredati di metadati e con meno vincoli possibili per raggiungere il pubblico più vasto possibile e stimolare il riuso. Nel campo della ricerca scientifica è molto sentito il tema dell’open access: il discorso dell’apertura vale sia per gli articoli accademici che per i dati sperimentali7 che permettono di ricreare esperimenti e confermare nuove teorie ed idee.

Solo regolandosi in base ad idee e principi sui quali c’è consenso tra le diverse entità coinvolte si potrà assistere alla conclusione della rapida trasformazione e sviluppo della cosiddetta società dell’informazione.

1. http://www.forbes.com/forbes/2007/0507/052.html
2. http://oz.stern.nyu.edu/io/network.html
3. Le istanze di riforma del Codice dei Beni Culturali chiedono anche l’eliminazione degli ostacoli al rilascio nel Pubblico Dominio.
4. In merito alla questione della trasparenza, una valutazione della politica di rilascio delle informazioni previste dalla legge può essere condotta tramite la Bussola della Trasparenza: http://www.magellanopa.it/bussola/
5. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2013-03-14;33
6. Per esempi di informazioni non rilasciate correttamente vedasi il progetto Bad Data della OKFN http://okfnlabs.org/bad-data/
7. Cfr. i Panton Principles http://pantonprinciples.org/